11 ottobre 2013

La condizione della donna a Roma nell'epoca arcaica

                                                             Ritratto di donna romana



Come sappiamo la condizione femminile nell’antichità era molto diversa da quella odierna.
La donna romana aveva regole ferree da rispettare e dove la legge non arrivava, le leggende e i patres familias facevano sì che la donna fosse completamente sottomessa.
Una brava moglie, prima di tutto, doveva rispettare la regola del silenzio. Infatti le donne non potevano parlare non perché il silenzio veniva riconosciuto come virtù, ma perché era un dovere. Le donne  romane dovevano essere ascoltatrici e non interlocutrici degli uomini.
Per far rispettare questo e altri doveri, venivano raccontate leggende in cui le protagoniste erano le donne che, adempiendo ai loro compiti, contribuivano alla crescita e alla salvaguardia della città di Roma.
Tacita Muta era una di queste: in origine era una ninfa di nome Lara che poteva parlare liberamente ma, sfortunatamente , parlava troppo e un giorno raccontò alla sorella Giuturna che Giove nutriva dei sentimenti per lei. Il dio, scandalizzato, decise di strapparle la lingua riducendola al silenzio eterno.
Lei diventò così Tacita Muta , divinità dei morti.
Questa storia doveva far capire alle donne che parlare troppo o a sproposito era una cosa gravissima ed era più che lecito ricevere una punizione se lo si faceva.
La brava moglie doveva essere una buona filatrice e non doveva mai tradire il marito. Nel caso in cui una donna sposata fosse stata stuprata, lei poteva arrivare a togliersi la vita per non infangare l’orgoglio e il buon nome del marito come nella leggenda di Lucrezia, violentata dal figlio di Tarquinio il Superbo, Sesto Tarquinio.
Le donne avevano come loro principale compito quello di fare figli e mantenere la casa.
Nella Roma arcaica una persona aveva tre nomi: il praenomen (ovvero il nome proprio) il nomen (il nome della gens) e il cognomen (il nome della famiglia).
Le donne venivano indicate solo con il nomen e, si dice, non avevano un nome proprio (alcuni dicono invece che venisse tenuto nascosto).
Se in famiglia c’erano più donne, oltre al nomen usato al femminile, veniva aggiunto l’appellativo Maior o Minor oppure Prima, Secunda, Tertia e così via. Per esempio Flavia Maior, Giulia Secunda….
In conclusione, le donne romane non avevano assolutamente pari diritti rispetto agli uomini, ma molti doveri a cui adempiere onde evitare di subire severe punizioni.
Questo può farci riflettere molto su quanto siano preziosi i passi avanti che sono stati fatti, ma che oggi guardiamo come se fossero scontati, dimenticandoci tutto ciò che è successo.
Mi pongo questa domanda: ma proprio in tutto il mondo son stati fatti questi progressi? 

 Fonti: E. Cantarella, Passato prossimo, Universale Economica Feltrinelli, pp.13-15 pp. 47-56

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