Immagine passaporto/carta
d'identità.
● Bambini che giocano
● Padre e figlio nel campo
● Abbraccio prima della partenza.
.
Mi chiamo Karim e sono nato 17 anni fa
in Somalia. Sono in Italia ormai da un anno, ma nonostante abbia
cercato di integrarmi non sono mai riuscito a conquistare la fiducia
e il rispetto delle persone. Ho avuto un'infanzia difficile nel mio
Paese d'origine; sono il primo di sette fratelli e su di me
ricadevano le responsabilità della famiglia. Mentre gli altri
bambini del villaggio giocavano a pallone per le strade, mio padre mi
portava nei campi per insegnarmi il mestiere dell'agricoltore. I miei
genitori, una sera d'estate, decisero di consegnarmi tutti i loro
risparmi, le rinunce di una vita, i sacrifici sofferti e di lasciarmi
partire. -Spiccherai il volo- mi dissero -e ti costruirai una vita
migliore in un Paese dove non ti sentirai schiavo di nessuno.-
● Carta geografica dell'Africa con
percorso segnato.
● Cantiere edile.
● Ragazzo che dorme nel
sottopassaggio della stazione.
Attraversai interi Paesi e conobbi le
storie di donne e uomini che fuggivano da guerre, oppressioni e
schiavitù, con la speranza dipinta sui volti. Una notte arrivai a
Tunisi e qui mi imbarcai salutando la mia Africa, che divenne una
striscia luminosa in lontananza, un cielo stellato posatosi sul mare.
Sbarcai in Italia, in una piccola città di provincia, e certo non
trovai ciò che avevo immaginato.
Vivo in una stazione e lavoro come
muratore in nero senza nessuna tutela per gli infortuni. Di notte,
sui gradini della scala sotterranea, ripenso ai miei genitori e alle
loro speranze. Gli incubi mi tormentano, persone morte in mare,
uccise dalla promessa di una vita migliore.
● Lui cammina per il binario e la
gente lo guarda con disprezzo.
● Lui cammina per la strada e la
gente lo evita. Una mamma stringe
a sé il bambino.
● Lettera ai genitori.
Cammino per il binario; gli sguardi
della gente mi pervadono freddi come il ghiaccio e disprezzanti. Mi
giudicano senza conoscermi pensando che la mia diversità costituisca
un pericolo. Vado al lavoro indossando gli stessi vestiti di quando
sono partito e per le strade la gente mi schiva.
A volte, io e la mia famiglia ci
scriviamo delle lettere; dico loro che qui è tutto fantastico, un
mondo nuovo, diverso. Loro sono contenti e felici e questo è ciò
che importa. In Somalia, nonostante la povertà, ero sereno perché
avevo qualcuno su cui contare. Ora invece sono solo e infelice. Penso
che prima di giudicare l'altro sia necessario imparare a giudicare se
stessi. Fin quando non si affronteranno le proprie debolezze non si
riuscirà mai ad essere in pace con gli altri. La pace comincia da
ognuno di noi.
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