11 settembre 2013

Luca Canali Controstoria di Roma: Un secolo maledetto

Morte di Cesare, Vincenzo Camuccini, 1798




Luca Canali nel capitolo V della sua Controstoria di Roma racconta il primo secolo a.C. da Mario ad Augusto. La tesi principale dello studioso è che in questo secolo a Roma si ebbe una spietata lotta di classe tra "aristocrazia" o optimates  e "borghesia" o populares, opposti gruppi di potere mossi dall'avidità e dall'ambizione.
" II primo secolo a.C. è probabilmente il più feroce e turbolento dell'intera storia di Roma.
Tutto sembra essere travolto da una spietata e sanguinosa lotta di classe, e questo conflitto (fra aristocrazia e «borghesia» degli equites, a volte sostenuta dal proletariato armato e arruolato nelle legioni dopo la riforma mariana dell'esercito) si trasforma in una serie interminabile di guerre civili, combattute all'ultimo sangue da cittadini contro altri cittadini mossi non tanto da ideali diversi, come taluni vorrebbero far credere, ma da opposti interessi economico—finanziari e di prestigio politico-giudiziario.
Sulla scia del vasto programma riformatore dei Gracchi si verificò la vittoria di Mario, splendido generale, uomo politico impulsivo e violento, capo riconosciuto del partito dei populares. Ma fu lui che, con le sue vendette antiaristocraticbe, diede inizio al funesto e feroce metodo delle proscrizioni. Poi ebbe il sopravvento Silla, spietato, lucido, imperturbabile paladino degli interessi aristocratici, rappresentati dagli optimates arroccati nel Senato. E le proscrizioni di Silla furono, se possibile, ancora più feroci di quelle di Mario.
Le proscrizioni sono forse il capitolo più infame della storia di Roma: un esercito di delatori denuncia gli oppositori (o presunti tali) dietro lauti compensi, intere famiglie sono sterminate e i loro beni incamerati dalla fazione vincente o dai delatori stessi. La delazione diventa una professione lucrosissima che attira molti cittadini anche — fino allora — onorati.
La vittoria e la dittatura sillana provocano la fuga o l’esilio d’innumerevoli seguaci di Mario, i quali si rifugiano prevalentemente in Spagna, dove Sertorio (un eques energico, idealista e un po’ visionario, ma valoroso combattente) «inventa» un Senato ispanico-lusitano, una specie di Antisenato che intende opporsi a quello romano dominato da Silla. Sertorio crea seri problemi per lo Stato romano, che gli spedisce contro Pompeo e Metello. Sertorio ottiene buoni risultati in battaglia ma, reso impopolare dall'alleanza che stringe con Mitridate e con i pirati che infestano il Mediterraneo, viene infine ucciso a tradimento da Perperna, suo presunto alleato.
Qualche decennio più tardi Catilina, ex ufficiale di Silla, pone per tre anni successivi la sua candidatura al consolato. Con sfacciati brogli elettorali Cicerone gli sbarra il passo. Catilina passa quindi alla lotta illegale. Illegalità contro illegalità. E abile, dinamico, astuto, energico, si pone alla testa del proletariato agricolo e della moltitudine di «indebitati» nella gravissima crisi economica che attanaglia l'Italia. Ordisce una congiura che ha come fine un golpe contro il Senato. Scoperta la congiura, Catilina passa all’aperta lotta armata contro gli eserciti consolari che, dopo aspra battaglia, sconfiggono il suo esercito di sbandati. Catilina muore combattendo valorosamente.
E giunge l’ora di Cesare; proconsole della Gallia transalpina, con fulminee campagne piega tutte le tribù galliche e ad Alesia cattura Vercingetorige, il valoroso e leggendario capo dell'insurrezione gallica. Ciò avviene contro la volontà del Senato, che gli ordina di tornare a Roma, lasciato il comando delle legioni. Cesare condottiero invincibile e capo indiscusso del partito «democratico» — attraversa invece il Rubicone, che costituisce il confine nord dello Stato romano, e comincia le operazioni militari «rivoluzionarie» (egli è stato dichiarato «nemico pubblico» con un senatoconsulto che decreta lo stato di emergenza). Pompeo, ex collega di Cesare (con Crasso) nel primo triumvirato, volta gabbana e si schiera con il Senato, ma invece di difendere l’Italia fugge in Grecia, dove Cesare lo insegue e lo sconfigge sanguinosamente a Farsàlo. E di nuovo Pompeo fugge, questa volta in Egitto, dove anziché trovare riparo viene ucciso per ordine dei regnanti di quel paese. I pompeiani superstiti resistono, Cesare li sconfigge prima in Africa (a Tapso), poi in Spagna (a Munda).
Cesare diventa padrone di Roma. E «dittatore perpetuo», prepara una spedizione contro i Parti, ma una congiura — guardata certamente con favore da Cicerone ed eseguita sotto la direzione di Bruto e Cassio — lo uccide.
Ottaviano, pronipote di Cesare, adottato come figlio dal dittatore poco prima della morte, sbarca dalla Grecia in Italia alla testa di un esercito reclutato a proprie spese per vendicare la morte del padre adottivo assassinato. Ha soltanto diciannove anni, ma è già un «politico di consumata esperienza» (secondo la definizione dello storico Santo Mazzarino). Dapprima s’allea con Marco Antonio e con Lepido (secondo triumvirato) e con loro dà inizio ad un’altra ondata di feroci proscrizioni: la vittima più illustre è Cicerone, sgozzato e decapitato mentre è in fuga verso il mare dalla sua villa di Formia.
Ben presto sorgono gravi dissidi fra Ottaviano e Antonio. Comincia una nuova guerra civile. Antonio si rifugia anch’egli come Pompeo in Egitto, nasce l'amore fra lui e Cleopatra. Si giunge poco dopo allo scontro definitivo che avviene davanti al promontorio di Azio. Le agili liburne (imbarcazioni maneggevoli molto usate dai pirati illirici) di Ottaviano hanno ragione della flotta antoniana, che viene quasi completamente distrutta. Cleopatra e Antonio si uccidono. Ottaviano è il nuovo padrone di Roma. Dopo quell’interminabile «secolo maledetto», quel giovane poi denominato Augusto ha soprattutto il merito di aver donato allo stremato popolo romano una lunga pace, la pax augusta. Augusto non crea un nuovo titolo per il suo potere, ma assume sulla sua persona le cariche principali dello Stato romano: il consolato, il proconsolato di tutte le province dell’impero, il potere tribunizio, il pontificato massimo. Si atteggia a restauratore, ossequia il Senato, vuole moralizzare la vita pubblica e privata, secondo il «costume degli avi». In realtà è un monarca assoluto che stabilisce una dittatura militare e burocratica e sancisce la vittoria del ceto equestre (la «borghesia» finanziaria e mercantile) che era stata l’ondivaga protagonista di tutte le lotte di classe dai Gracchi fino a Cesare." (Luca Canali, Controstoria di Roma, cap.V pp.95-97)

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