Morte di Cesare, Vincenzo Camuccini, 1798 |
Luca Canali nel capitolo V della sua Controstoria di Roma racconta il primo secolo a.C. da Mario ad Augusto. La tesi principale dello studioso è che in questo secolo a Roma si ebbe una spietata lotta di classe tra "aristocrazia" o optimates e "borghesia" o populares, opposti gruppi di potere mossi dall'avidità e dall'ambizione.
" II primo secolo a.C. è probabilmente il più
feroce e turbolento dell'intera storia di Roma.
Tutto sembra essere travolto da una spietata e
sanguinosa lotta di classe, e questo conflitto (fra aristocrazia e
«borghesia» degli equites, a volte sostenuta dal proletariato
armato e arruolato nelle legioni dopo la riforma mariana
dell'esercito) si trasforma in una serie interminabile di guerre
civili, combattute all'ultimo sangue da cittadini contro altri
cittadini mossi non tanto da ideali diversi, come taluni vorrebbero
far credere, ma da opposti interessi economico—finanziari e di
prestigio politico-giudiziario.
Sulla scia del vasto programma riformatore dei
Gracchi si verificò la vittoria di Mario, splendido generale, uomo
politico impulsivo e violento, capo riconosciuto del partito dei
populares. Ma fu lui che, con le sue vendette antiaristocraticbe,
diede inizio al funesto e feroce metodo delle proscrizioni. Poi ebbe
il sopravvento Silla, spietato, lucido, imperturbabile paladino degli
interessi aristocratici, rappresentati dagli optimates arroccati nel
Senato. E le proscrizioni di Silla furono, se possibile, ancora più
feroci di quelle di Mario.
Le proscrizioni sono forse il capitolo più infame
della storia di Roma: un esercito di delatori denuncia gli oppositori
(o presunti tali) dietro lauti compensi, intere famiglie sono
sterminate e i loro beni incamerati dalla fazione vincente o dai
delatori stessi. La delazione diventa una professione lucrosissima
che attira molti cittadini anche — fino allora — onorati.
La vittoria e la dittatura sillana provocano la
fuga o l’esilio d’innumerevoli seguaci di Mario, i quali si
rifugiano prevalentemente in Spagna, dove Sertorio (un eques
energico, idealista e un po’ visionario, ma valoroso combattente)
«inventa» un Senato ispanico-lusitano, una specie di Antisenato che
intende opporsi a quello romano dominato da Silla. Sertorio crea seri
problemi per lo Stato romano, che gli spedisce contro Pompeo e
Metello. Sertorio ottiene buoni risultati in battaglia ma, reso
impopolare dall'alleanza che stringe con Mitridate e con i pirati che
infestano il Mediterraneo, viene infine ucciso a tradimento da
Perperna, suo presunto alleato.
Qualche decennio più tardi Catilina, ex ufficiale
di Silla, pone per tre anni successivi la sua candidatura al
consolato. Con sfacciati brogli elettorali Cicerone gli sbarra il
passo. Catilina passa quindi alla lotta illegale. Illegalità contro
illegalità. E abile, dinamico, astuto, energico, si pone alla testa
del proletariato agricolo e della moltitudine di «indebitati» nella
gravissima crisi economica che attanaglia l'Italia. Ordisce una
congiura che ha come fine un golpe contro il Senato. Scoperta la
congiura, Catilina passa all’aperta lotta armata contro gli
eserciti consolari che, dopo aspra battaglia, sconfiggono il suo
esercito di sbandati. Catilina muore combattendo valorosamente.
E giunge l’ora di Cesare; proconsole della
Gallia transalpina, con fulminee campagne piega tutte le tribù
galliche e ad Alesia cattura Vercingetorige, il valoroso e
leggendario capo dell'insurrezione gallica. Ciò avviene contro la
volontà del Senato, che gli ordina di tornare a Roma, lasciato il
comando delle legioni. Cesare condottiero invincibile e capo
indiscusso del partito «democratico» — attraversa invece il
Rubicone, che costituisce il confine nord dello Stato romano, e
comincia le operazioni militari «rivoluzionarie» (egli è stato
dichiarato «nemico pubblico» con un senatoconsulto che decreta lo
stato di emergenza). Pompeo, ex collega di Cesare (con Crasso) nel
primo triumvirato, volta gabbana e si schiera con il Senato, ma
invece di difendere l’Italia fugge in Grecia, dove Cesare lo
insegue e lo sconfigge sanguinosamente a Farsàlo. E di nuovo Pompeo
fugge, questa volta in Egitto, dove anziché trovare riparo viene
ucciso per ordine dei regnanti di quel paese. I pompeiani superstiti
resistono, Cesare li sconfigge prima in Africa (a Tapso), poi in
Spagna (a Munda).
Cesare diventa padrone di Roma. E «dittatore
perpetuo», prepara una spedizione contro i Parti, ma una congiura —
guardata certamente con favore da Cicerone ed eseguita sotto la
direzione di Bruto e Cassio — lo uccide.
Ottaviano, pronipote di Cesare, adottato come
figlio dal dittatore poco prima della morte, sbarca dalla Grecia in
Italia alla testa di un esercito reclutato a proprie spese per
vendicare la morte del padre adottivo assassinato. Ha soltanto
diciannove anni, ma è già un «politico di consumata esperienza»
(secondo la definizione dello storico Santo Mazzarino). Dapprima
s’allea con Marco Antonio e con Lepido (secondo triumvirato) e con
loro dà inizio ad un’altra ondata di feroci proscrizioni: la
vittima più illustre è Cicerone, sgozzato e decapitato mentre è in
fuga verso il mare dalla sua villa di Formia.
Ben presto sorgono gravi dissidi fra Ottaviano e
Antonio. Comincia una nuova guerra civile. Antonio si rifugia
anch’egli come Pompeo in Egitto, nasce l'amore fra lui e Cleopatra.
Si giunge poco dopo allo scontro definitivo che avviene davanti al
promontorio di Azio. Le agili liburne (imbarcazioni maneggevoli molto
usate dai pirati illirici) di Ottaviano hanno ragione della flotta
antoniana, che viene quasi completamente distrutta. Cleopatra e
Antonio si uccidono. Ottaviano è il nuovo padrone di Roma. Dopo
quell’interminabile «secolo maledetto», quel giovane poi
denominato Augusto ha soprattutto il merito di aver donato allo
stremato popolo romano una lunga pace, la pax augusta. Augusto non
crea un nuovo titolo per il suo potere, ma assume sulla sua persona
le cariche principali dello Stato romano: il consolato, il
proconsolato di tutte le province dell’impero, il potere
tribunizio, il pontificato massimo. Si atteggia a restauratore,
ossequia il Senato, vuole moralizzare la vita pubblica e privata,
secondo il «costume degli avi». In realtà è un monarca assoluto
che stabilisce una dittatura militare e burocratica e sancisce la
vittoria del ceto equestre (la «borghesia» finanziaria e
mercantile) che era stata l’ondivaga protagonista di tutte le lotte
di classe dai Gracchi fino a Cesare." (Luca Canali, Controstoria di Roma, cap.V pp.95-97)
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