32 (...) Questa è la versione più accreditata. Stando invece a quella adottata da
Pisone, la secessione sarebbe avvenuta sull'Aventino. Lì, senza nessuno
che li guidasse, fortificarono in tutta calma il campo con fossati e
palizzate limitandosi ad andare in cerca di cibo e, per alcuni giorni,
non subirono attacchi né attaccarono a loro volta. Roma era nel panico
più totale e il clima di mutua apprensione teneva tutto in sospeso. La
plebe, abbandonata al suo destino, temeva un'azione di forza organizzata
dal senato; i senatori temevano la parte di plebe rimasta in città, ed
erano incerti se fosse preferibile che essa rimanesse o se ne andasse. E
poi, quanto sarebbe durata la calma dei secessionisti? Che cosa sarebbe
successo se nel frattempo fosse scoppiata una guerra con qualche paese
straniero? La sola speranza era rappresentata dalla concordia interna:
per il bene dello Stato andava restaurata e a qualunque costo.
Si decise allora di mandare alla plebe come portavoce Menenio Agrippa,
uomo dotato di straordinaria dialettica e ben visto per le sue origini
popolari. Una volta introdotto nel campo, pare che raccontò questo
apologo con lo stile un po' rozzo tipico degli antichi: "quando le
membra del corpo umano non costituivano ancora un tutt'uno armonico, ma
ciascuna di esse aveva un suo linguaggio e un suo modo di pensare
autonomi, tutte le altre parti erano indignate di dover sgobbare a
destra e a sinistra per provvedere a ogni necessità dello stomaco,
mentre questo se ne stava zitto zitto lì nel mezzo a godersi il bendidio
che gli veniva dato. Allora, decisero di accordarsi così: le mani non
avrebbero più portato il cibo alla bocca, la bocca non si sarebbe più
aperta per prenderlo, né i denti lo avrebbero più masticato. Mentre,
arrabbiate, credevano di far morire di fame lo stomaco, le membra stesse
e il corpo tutto eran ridotti pelle e ossa. In quel momento capirono
che anche lo stomaco aveva una sua funzione e non se ne stava inoperoso:
nutriva tanto quanto era nutrito e a tutte le parti del corpo
restituiva, distribuito equamente per le vene e arricchito dal cibo
digerito, il sangue che ci dà vita e forza". Mettendo in parallelo la
ribellione interna delle parti del corpo e la rabbia della plebe nei
confronti del senato, Menenio riuscì a farli ragionare.
33 (...) Venne allora affrontato il tema della riconciliazione e si giunse al
seguente compromesso: la plebe avrebbe avuto dei magistrati sacri e
inviolabili il cui compito sarebbe stato quello di prendere le sue
difese contro i consoli, e nessun patrizio avrebbe potuto avere
quest'incarico.
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