Questo racconto è stato elaborato a partire dal film "Quando sei nato non puoi più nasconderti". Di seguito alcune informazioni sul regista e sul film e a seguire il racconto vero e proprio.
Il film è ispirato al romanzo di Maria Pace Ottieri, pubblicato nel 2003 e tratta del tema dell’immigrazione clandestina in Italia. Il titolo del film è la traduzione di un’espressione africana ("Soki Obotami Okoki Komibomba Lisusu Te") sentita da Sandro, il protagonista, in una scena all'inizio del film; questa frase lo accompagnerà per tutta la durata della storia.
Il registra di questo film è Marco
Tullio Giordana (1 ottobre 1950), un regista e sceneggiatore italiano. Riguardo al film ha dichiarato: «Volevo raccontare
con gli occhi ancora innocenti e perfino riconoscenti di un bambino
che è stato salvato da loro chi sono questi migranti. Sandro scopre
che sono molto simili a lui, che sono governati dagli stessi
sentimenti, che può nascere l’amicizia, l’amore, il bisogno
l’uno dell’altro, in modo assolutamente sincero». Giordana è
sempre stato interessato a tematiche quali il terrorismo, il potere
mafioso e l’immigrazione clandestina in Italia. Il film è stato
prodotto nel 2005, momento in cui l’immigrazione clandestina,
presso Lampedusa, era già diffusa.
(da Wikipedia)
La
storia è quella di Sandro, un ragazzino di dodici anni, cresciuto in
una famiglia bresciana benestante. Il padre Bruno e la madre Lucia
lavorano entrambi nella piccola impresa di famiglia. Durante una
crociera in barca a vela nel Mediterraneo col papà e un amico,
Sandro cade durante la notte in mare provocando la disperazione dei
genitori che lo credono morto affogato. Sandro,invece è riuscito a
salvarsi. Ormai giunto allo sfinimento, il ragazzino viene avvistato
da un traghetto di migranti clandestini. Radu, un ragazzino romeno che dice di avere diciassette anni che viaggia in compagnia della sorella minore Alina,
si tuffa in mare contro la volontà degli scafisti e riesce a tirarlo
a bordo e salvarlo. Il
ritorno verso l'Italia, rappresenta per Sandro un percorso
avventuroso quanto sconvolgente. Con l'aiuto dei suoi due nuovi amici
romeni impara infatti a misurarsi con una realtà a lui totalmente
sconosciuta, ad aderire alle legge di chi lotta per sopravvivere, a
subire la prepotenza del più forte. Finalmente la nave riesce a
raggiungere l'Italia, Sandro può riabbracciare i genitori, per i
suoi compagni di viaggio invece, inizia il durissimo percorso da
profughi. Ma qualcosa dentro di lui è cambiato, un nuovo disincanto
caratterizza il suo sguardo verso la vita.
Alina e Radu arrivati in Italia vengono accolti in comunità insieme
agli altri immigrati. Sandro invece di accettare l'offerta di stare
separato dai profughi, decide di seguire i suoi amici. Il mattino
seguente arrivano i genitori del protagonista che sono felicissimi
di riabbracciare il loro figlio,creduto morto in mare. Vorrebbero
aiutare la comunità in modo finanziario, ma Sandro propone l'affido
di Radu e Alina. In seguito alla scoperta della maggiore età di
Radu, i due fratelli scappano e raggiungono Sandro a Brescia. Durante
la notte rubano oggetti di valore della famiglia e scappano a Milano.
Nei giorni seguenti Sandro riceve varie telefonate da Alina che gli
dice di trovarsi in campo profughi a Milano e gli chiede di
aiutarla. Sandro quindi prende un treno e la raggiunge. La
trova in una parte appartata del campo dove lei, costretta da Radu, che come Sandro scopre non è veramente il fratello di Alina, si prostituisce. Sandro capisce la situazione e piange per lei. Il film finisce con Sandro e Alina che scappano dal campo e lui che chiede a lei di venire con lui a Brescia. La sua risposta rimane in sospeso.
RACCONTIAMO: L'arrivo. Alina racconta
Mi chiamo Alina e sono scappata dal mio paese, la Romania, insieme a Radu. Senza di lui non ce l'avrei mai fatta anche se mi fa fare cose che non mi piacciono... però dice che è solo per il nostro bene, per sopravvivere.
Sono arrivata in Italia con lui e Sandro, che è molto simpatico, durante la notte. Arrivati sulla terra ferma siamo stati messi in fila e portati in pullman verso il centro accoglienza. Quando sono scesa dall’autobus e mi hanno separata da Radu, mi sentivo persa e spaesata, non sapevo dove andare. Una ragazza mi ha accompagnata all’interno di una struttura di accoglienza italiana dove mi hanno chiesto come mi chiamavo, da dove venivo e quanti anni avevo. Mi hanno accompagnata in una stanza insieme ad altre donne e bambini. In seguito ho conosciuto una ragazza-madre rumena, come me, che avevano tolto dalla strada e inserita nel centro.
Il giorno dopo sono arrivati i genitori di Sandro che hanno parlato con padre Celso per quanto riguarda il mio affido. L'idea di vivere a Brescia con loro mi piaceva molto. Poi la mamma di Sandro mi ha dato parecchi vestiti e io ero molto contenta, perché era un segno che tenesse a me.
La partenza di Sandro e dei suoi genitori mi ha rattristata, ma allo stesso tempo quando ho parlato con il giudice, che mi ha detto che Radu doveva tornare in Romania, perché avevano scoperto che era maggiorenne, io non volevo più andare a vivere con la famiglia di Brescia perché non volevo separarmi da Radu, visto che lui è quello che mi ha aiutato ad arrivare fino a qui e visto che qui non conosco nessuno e so a stento la lingua, volevo che restasse con me per aiutarmi.
Durante la notte sono scappata con Radu e siamo andati assieme a Brescia. Lì, quando siamo arrivati, il padre di Sandro ci ha rimproverati perché in questa maniera avremmo complicato ancora di più le cose. Mentre tutti dormivano, noi abbiamo rubato oggetti di valore e siamo andati a Milano.
Dopo qualche giorno ho provato a chiamare Sandro per farlo venire a Milano e per farlo venire a cercarmi. Lo stesso pomeriggio è arrivato, ma all'inizio non volevo farlo entrare nella mia stanza, forse per vergogna. Vergogna per la situazione in cui mi trovavo, vergogna per quello che Radu mi obbligava a fare, vergogna per la perdita del mio pudore. Sandro cominciò a farmi varie domande, ma io alzavo sempre di più il volume della musica. Lui si rese conto di cosa mi stava succedendo e si mise a piangere. Mi chiese se volevo seguirlo a Brescia per iniziare lì una nuova vita.
Sono arrivata in Italia con lui e Sandro, che è molto simpatico, durante la notte. Arrivati sulla terra ferma siamo stati messi in fila e portati in pullman verso il centro accoglienza. Quando sono scesa dall’autobus e mi hanno separata da Radu, mi sentivo persa e spaesata, non sapevo dove andare. Una ragazza mi ha accompagnata all’interno di una struttura di accoglienza italiana dove mi hanno chiesto come mi chiamavo, da dove venivo e quanti anni avevo. Mi hanno accompagnata in una stanza insieme ad altre donne e bambini. In seguito ho conosciuto una ragazza-madre rumena, come me, che avevano tolto dalla strada e inserita nel centro.
Il giorno dopo sono arrivati i genitori di Sandro che hanno parlato con padre Celso per quanto riguarda il mio affido. L'idea di vivere a Brescia con loro mi piaceva molto. Poi la mamma di Sandro mi ha dato parecchi vestiti e io ero molto contenta, perché era un segno che tenesse a me.
La partenza di Sandro e dei suoi genitori mi ha rattristata, ma allo stesso tempo quando ho parlato con il giudice, che mi ha detto che Radu doveva tornare in Romania, perché avevano scoperto che era maggiorenne, io non volevo più andare a vivere con la famiglia di Brescia perché non volevo separarmi da Radu, visto che lui è quello che mi ha aiutato ad arrivare fino a qui e visto che qui non conosco nessuno e so a stento la lingua, volevo che restasse con me per aiutarmi.
Durante la notte sono scappata con Radu e siamo andati assieme a Brescia. Lì, quando siamo arrivati, il padre di Sandro ci ha rimproverati perché in questa maniera avremmo complicato ancora di più le cose. Mentre tutti dormivano, noi abbiamo rubato oggetti di valore e siamo andati a Milano.
Dopo qualche giorno ho provato a chiamare Sandro per farlo venire a Milano e per farlo venire a cercarmi. Lo stesso pomeriggio è arrivato, ma all'inizio non volevo farlo entrare nella mia stanza, forse per vergogna. Vergogna per la situazione in cui mi trovavo, vergogna per quello che Radu mi obbligava a fare, vergogna per la perdita del mio pudore. Sandro cominciò a farmi varie domande, ma io alzavo sempre di più il volume della musica. Lui si rese conto di cosa mi stava succedendo e si mise a piangere. Mi chiese se volevo seguirlo a Brescia per iniziare lì una nuova vita.
di Letizia Uggeri, Elisa Nava e Miriam Unland
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