06 ottobre 2014

Potere e donne: Lucrezia e Virginia


 Tiziano, Lucrezia

Due episodi importanti della storia di Roma antica: la cacciata dei re e la fine del potere tirannico dei decemviri capeggiati da Appio Claudio e incaricati di scrivere le tavole delle leggi, accadono in seguito ad atti di violenza compiuti su donne. Nel primo caso la vittima è Lucrezia, nel secondo Virginia.
Livio racconta i due episodi nel I libro della Storia di Roma (Ab urbe condita)

Lucrezia è la bella e virtuosa moglie di Tarquinio Collatino, nobile romano.
Sesto Tarquinio, figlio del re Tarquinio il Superbo, quando la vede decide di possederla a tutti i costi. Una notte si reca dalla donna all'insaputa del marito impegnato in guerra e di fronte alla resistenza della donna la stupra.
Lucrezia, sconvolta dalla violenza subita, chiama il padre e il marito e dopo avergli raccontato quanto le è accaduto e avere chiesto  vendetta al marito e agli uomini che sono con lui, tra i quali Giunio Bruto, figlio di una sorella del re,  si uccide con una pugnalata al cuore.
Bruto giura  vendetta e guida la rivolta dei giovani romani contro il re e la sua stirpe liberando Roma e i romani dalla monarchia.
L'episodio accade durante l'assedio dei romani alla città di Ardea.

Virginia, figlia di un plebeo, viene chiesta come schiava da Appio Claudio , sebbene sia promessa sposa ad Icilio.
Appio Claudio è uno dei dieci decemviri incaricati della scrittura del codice delle leggi,  nel periodo del suo incarico si impossessa, mettendosi a capo degli altri decemviri, del potere.
Al culmine del suo potere Appio Claudio decide di  impossessarsi della giovane Virginia. In difesa della donna accorrono il padre, Virginio, e il promesso sposo, ma a nulla vale la loro opposizione tanto che Virginio per non far subire alla figlia l'offesa dello stupro la uccide colpendola al petto con un coltello.
Dopo questo fatto atroce la plebe di Roma si ribella depone Appio Claudio e i decemviri e ristabilisce i suoi diritti.

In entrambi gli episodi  la violenza sessuale nei confronti di una  donna è associata all'esercizio di un potere anarchico, svincolato dal rispetto della più elementari  regole della convivenza umana.
Fin dai tempi più antichi l'ordine di una comunità civile ha il suo fondamento nel possesso e controllo del corpo delle donne appartenenti alla comunità, perché il possesso e controllo del corpo della donna garantisce all'uomo la paternità dei propri figli; ed è sul riconoscimento della paternità che le società primitive  fondano l'ordine della loro organizzazione sociale e politica (vedi E.Cantarella, L'ambiguo malanno, La donna nell'antichità greca e romana, Einaudi Scuola, p.39)
Per questo, quando il controllo sul corpo e il possesso della donna viene messo in pericolo, gli uomini sono disposti a ribellarsi  e a cacciare colui che lo ha messo in pericolo.
I due episodi di Lucrezia e Virginia raccontano che cosa avviene quando questo accade.

"Bruto, mentre gli altri erano in preda allo sconforto, estrasse il coltello dalla ferita e, brandendolo ancora stillante di sangue, disse: "Su questo sangue, purissimo prima che un principe lo contaminasse, io giuro e chiamo voi a testimoni, o dèi, che di qui in poi perseguiterò Lucio Tarquinio Superbo e la sua scellerata moglie e tutta la sua stirpe col ferro e col fuoco e con qualunque mezzo mi sarà possibile e non permetterò che né loro né nessun altro regni più a Roma."
(Livio, op.cit, I,59)

"Verginio, minacciando Appio con il pugno chiuso, gridò: "Mia figlia, Appio, l'ho promessa a Icilio e non a te, e l'ho allevata per le nozze, non per lo stupro. A te piace fare come le bestie e gli animali selvatici che si accoppiano a caso? Se questa gente lo permetterà, non lo so: ma spero che non lo permetteranno quelli che possiedono le armi!"" (Livio, op.cit, III,47)

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