11 settembre 2013

Senatus populusque Romanus

 Littore romano

Roma fu prima una monarchia, poi una repubblica, infine un principato.

L'istituzione principale di Roma, in periodo monarchico e repubblicano, era il senato.

Il senato era il consiglio degli anziani che presiedeva alle decisioni più importanti; per esempio i senatori o patres, da cui poi patrizi, ratificavano le elezioni dei magistrati, decidevano le guerre e le paci con i popoli confinanti.

Accanto al senato vi erano le assemblee del popolo.
La più antica, risalente al VI secolo, ovvero all'ultimo periodo della monarchia, sotto l'influenza etrusca, era quella dei comizi curiati, da curia divisione della popolazione in gruppi che fornivano all'esercito soldati e cavalieri; ogni curia eleggeva un certo numero di senatori.

In seguito, probabilmente nei primi decenni della repubblica, ma secondo Livio sotto il regno di Servio Tullio, la popolazione venne divisa in base al censo in cinque classi; ciascuna classe doveva fornire un certo numero di centurie, gruppi di cento soldati o cavalieri; da questa divisione nacquero i comizi centuriati, da centuria, che votavano per eleggere i magistrati e prendere decisioni.

La divisione in base al censo, ossia al patrimonio, rispondeva alla necessità di ripartire i carichi fiscali dello stato non sui singoli cittadini ma sui patrimoni dei singoli cittadini: chi più possedeva più contribuiva alle spese della repubblica in pace e in guerra.
Il maggior carico fiscale che i ricchi sostenevano era compensato dal maggior potere decisionale della prima classe, quella dei più ricchi, e dei cavalieri; di fatto i voti di questi da soli bastavano a raggiungere la maggioranza e quasi mai la seconda classe era chiamata a votare, perché raramente i due gruppi, dei cavalieri e della prima classe, erano in disaccordo.
 La contribuzione fiscale proporzionata al redditto non venne abbandonata nemmeno dopo la fine della repubblica e la trasformazione in principato.

Secondo la tradizione, Roma si libera della monarchia  con una insurrezione popolare, guidata da Lucio Giunio Bruto e Lucio Tarquinio Collatino.
Questi, dopo la cacciata dell'ultimo re di Roma, Tarquinio il Superbo, vennero eletti consoli dai comizi centuriati, aveva inizio la repubblica romana.

Troviamo il racconto della cacciata di Tarquinio il Superbo alla fine del primo libro della storia di Roma di Tito Livio.
I magistrati della repubblica romana furono: i consoli: avevano il potere esecutivo, erano a capo dell'esercito e presiedevano le assemblee popolari;
i pretori: amministravano la giustizia; i censori: effettuavano il censimento e redigevano le liste dei senatori, potevano decidere l'espulsione dal senato di un senatore; i questori: amministravano le finanze dello stato; gli edili: gestivano gli approvvigionamenti, controllavano la costruzione degli edifici pubblici, organizzavano i giochi pubblici.
Le competenze  (in latino cura) e i poteri di alcune magistrature, per esempio questori, pretori, censori, edili,  si andarono modificando nel corso del tempo.

Consoli e pretori avevano l'imperium, ovvero il potere di impartire ordini e di infliggere pene a chi si rifiutava di eseguirli. Il simbolo dell'imperium era il fascio littorio, un fascio di rami di betulla legati con un nastro di cuoio, nei quali era infilata un'ascia, i fasci venivano portati dai littori, che precedevano i magistrati dotati di imperium.
In epoca contemporanea in Italia i fasci vennero utilizzati come simboli prima da gruppi politici radicali e rivoluzionari, poi da Mussolini che nel 1919 fonda i Fasci italiani di combattimento.
Anche molte nazioni straniere hanno adottato l'immagine dei fasci come simbolo del potere .

Simbolo del Senato degli USA, in basso si riconoscono due fasci incrociati.



Tutte le cariche si rinnovavano ogni anno, tranne quella dei censori che aveva durata quinquennale.

 A Roma gli storici per datare gli eventi storici riportavano i nomi dei consoli dell'anno  in cui  gli eventi erano avvenuti; per esempio: Publio Lucrezio e Publio Valerio Publicola furono eletti consoli (Livio op.cit. II 15), Consoli Marco Valerio e Publio Postumio. (Livio op.cit. II 16) etc..

La trasformazione in repubblica, la divisione dei poteri, la rotazione delle cariche, non rese Roma una città ordinata e priva di conflitti al contrario.
Gli antichi storici, Livio, Dionigi di Alicarnasso, quando descrivono il conflitto tra  cittadini parlano di scontri tra patrizi e plebei.
Negli antichi racconti i patrizi sono presentati come la parte  ricca e potente, i plebei sono poveri, per questo spesso sono  ridotti in schiavitù e non hanno leggi che li difendano, sebbene partecipino alla difesa di Roma andando in guerra a combattere.
Una prima conquista dei plebei fu quella di avere dei magistrati, i tribuni della plebe, che li rappresentassero e difendessero.
 Questa conquista avvenne al termine di un grave scontro tra patrizi e plebei. Nel momento di maggiore tensione una gran parte dei plebei si ritirarono sul colle dell'Aventino rifiutandosi di obbedire agli ordini dei consoli. La secessione sull'Aventino terminò grazie al famoso discorso di Menenio Agrippa.
La lotta tra patrizi e plebei continuò ancora a lungo e fu molto dura, i patrizi non volevano cedere i loro privilegi.
Un episodio che ricorda l'arroganza e prepotenza dei patrizi nei confronti della plebe è quello che racconta Livio nel III libro della sua storia di Roma.
 Appio Claudio, patrizio appartenente a una storica famiglia avversa alla plebe, cerca di impossessarsi di Virginia, una bellissima fanciulla di famiglia plebea, promessa sposa a  Icilio.
 Il padre di Virginia per impedire che la figlia sia disonorata la uccide. Il gesto di Virginio susciterà la ribellione della plebe e per placarla i patrizi saranno costretti ad accettare le condizioni della plebe e a ristabilire il potere dei tribuni della plebe, potere che i decemviri avevano cercato di limitare.








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