Alessia Accornero
Federica Amico
Selene Chiorlin
Michela Vernò
Abbiamo elaborato questo racconto prendendo spunto dal capitolo "Il falco e il bambino" tratto dal libro "La vita ti sia lieve" di Alessandra Ballerini.
Alessandra
Ballerini è una nota avvocatessa che si occupa dei diritti umani e
dell’immigrazione. Nella sua attività quotidiana si occupa
anche di donne vittime di violenza, affidi di minori, tutela di
emarginati e delle cosiddette fasce deboli. Inoltre
collabora con numerose associazioni quali: Amnesty International e
Terre des Hommes.
Queste sono le sue
parole: “Ho visitato carceri e centri di accoglienza e detenzione,
in Italia ma anche in Mozambico ed in Slovenia. Non sopporto le
ingiustizie e non evito di espormi nel tentativo di combatterle.
Conosco le difficoltà e la solitudine che si prova a stare dalla
parte degli ultimi.”
E
grazie al suo interesse per questi importanti temi ha deciso di
scrivere: “La vita ti sia lieve”, storie di migranti e delle loro
esperienze, pubblicato nel 2013 dalla casa editrice Melampo.
Il suo libro, "La vita ti sia lieve", è una raccolta
di racconti riguardanti l'immigrazione e ciò che essa comporta. Ad
esempio nella storia intitolata “Morire di Speranza” la
scrittrice dice di aver partecipato ad una messa nella parrocchia di
Sant'Egidio, una veglia di coloro che sono morti in mare cercando di
arrivare in Italia, con la speranza di un futuro migliore. Inoltre
riflette sul fatto che il nostro paese dovrebbe dare loro delle
opportunità e non rispedirli nei luoghi da dove provengono, colpiti
da guerre e violenze. Nel racconto “Chi ha mamma non trema” la
protagonista è Princess, venuta in Italia dalla Nigeria per
risparmiare denaro destinato alle sue tre figlie che cinque anni fa
lasciò a Benin City. Una sera alcuni trafficanti di donne rapiscono
la figlia maggiore e la portano in Grecia per farla prostituire. Così
Princess, venuta a conoscenza del fatto, smuove mari e monti per
salvarla, rischiando anche di venire accusata per falso e
favoreggiamento. Ora madre e figlia si trovano in Italia e cercano di iniziare a vivere la vita che da sempre sognano. Questi brevi racconti descrivono le difficoltà che ogni giorno tante persone si trovano ad affrontare. In particolare ci ha colpite la storia di Omar (secondo capitolo del libro), che raccontiamo qui di seguito.
RACCONTIAMO: LA PROSSIMA VITA, OMAR, SE NASCE PROFUGO, GLI CONVIENE NASCERE RAPACE.
Omar è un bambino di 6 anni fuggito dalla Libia con la
famiglia, composta dai suoi genitori, dai due fratelli e il suo Falco.
Nonostante la sua tenera età ha già
visto la morte; infatti durante il suo viaggio diretto verso
l'Italia il padre è stato accoltellato. Il gruppo familiare scappa dalla Libia a causa
della guerra che da molto tempo irrompe sulla città natale del nostro
protagonista. Omar e i suoi fratelli sono spaventati dal futuro; se fossero
rimasti in Libia avrebbero dovuto affrontare molte difficoltà, mentre in Italia
possono sperare di trovare quella stabilità economica e sociale che un paese in
guerra come il loro non avrebbe potuto offrire.
Viaggiano su una piccola barca insieme ad altri adulti e
bambini con la prua rivolta verso quella che credono sia la speranza, l'Italia.
Le condizioni dell'imbarcazione sono pessime: non c'è abbastanza spazio per
tutti, di acqua e cibo non c’è nemmeno traccia e i bambini sembrano perdere le
forze con il passare dei giorni. Centinaia di minori abbandonati a loro stessi;
dormono per terra nella sporcizia, non hanno acqua, sono senza coperte.
Centinaia di minori con occhi adulti e sorrisi di bimbi. Sopravvissuti ai
capricci del mare per scommessa, approdati in uno stato che vuole solo
“braccia”, non certo uomini, né tanto meno bambini. Tra questi c'è Omar con lui
il suo migliore amico, un falco appartenente a una specie protetta. Hanno
navigato cinquanta ore prima di approdare sull'isola di Lampedusa, dove sono
stati accolti in una struttura ( Clandestini, rifugiati [...]) che li ospiterà fino a che non
otterranno la cittadinanza. Il falco, arrivato al centro profughi, viene
accudito e curato in una stanza personale con cibo speciale, perché non abbia a
patire nemmeno un attimo; Omar invece dorme con altri compagni per terra e la sua
gamba è ustionata a causa dell'acqua troppo calda con cui è stato lavato. È un
bambino e un profugo, e per questo dovrebbe appartenere anche lui ad una
categoria protetta, godendo dei diritti di cui ogni bambino ha bisogno. Ma non è un
rapace. Durante la sua “prigionia” Omar si aggira in cerca del suo amico,
chiedendosi se anche lui sia volato via, abbandonandolo come tutti gli altri.
Ha paura, paura di ammalarsi e di essere ferito in una delle molte rivolte che
regolarmente scoppiano nel Centro. Stanotte il falco dormirà sogni tranquilli,
forse un po' nostalgico del bimbo che l'ha allevato; Omar invece dovrà
affrontare una notte difficile, combattendo contro il prurito per l'ustione e
le urla degli altri “prigionieri” che come lui sperano di ricominciare a vivere
per davvero. Se abbiamo il coraggio di togliere ai bambini diritti
fondamentali, se riusciamo a ignorarli, ad abbandonarli a loro stessi in attesa
che cedano, che scompaiano, siamo definitivamente usciti dalla civiltà.
“La prossima vita, Omar, se nasce profugo, gli conviene
nascere rapace.”
A lui come ad altri bambini sono state scritte tante lettere
da alcuni ragazzi che non accettano le loro condizioni e che combattono per la
loro libertà: "Noi, e tanti altri con noi, continueremo a sperare di
ascoltare i vostri racconti, non smetteremo mai di chiedere i vostri sorrisi,
continueremo a cercare il vostro abbraccio e non finiremo mai di chiedere di
farci incontrare... Non possiamo venire lì, ma di certo non smetteremo mai di
aspettarvi qui!”.
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