Questo racconto è stato elaborato a partire dal film Welcome. E' stata scelta la sequenza narrativa in cui Bilal, il protagonista del film, tenta
di attraversare La Manica a nuoto per l'ultima volta, al fine di
raggiungere un obiettivo: l'Inghilterra, luogo in cui si è
trasferita la sua ragazza Mina.
Abbiamo scelto questa sequenza perché
anche il nostro racconto si basa su un viaggio per raggiungere la
libertà della protagonista.
RACCONTIAMO: IL VIAGGIO DI ZAKIYA
Ne è valsa davvero la pena affrontare
questo lungo viaggio per una libertà che forse non riuscirò a
raggiungere mai?
…
La notte era fredda e dura. Nessuno ci
aveva dato delle coperte e, nonostante l'ammasso di persone, il
freddo scorreva nelle nostre ossa. L'unico modo per scaldarci sarebbe
stato il contatto fisico, ma non potevo fidarmi di nessuno, se non di
me stessa.
Il camion era già in viaggio da una
settimana prima che ci salissi, c'erano persone di diverse etnie,
soprattutto sudanesi in fuga da un conflitto interno. Ciò che mi
colpì, però, fu una donna egiziana che allattava il piccolo che
teneva in braccio, cercando di non farlo piangere, per non farsi
picchiare dal violento marito che continuava ad urlarle contro. Non
riuscivo a capire cosa le stesse dicendo, ma il tono e le lacrime
della donna facevano intendere tutto.
Arrivammo a Tripoli dopo due notti che
mi sembrarono interminabili. Scendendo dal camion notai che la donna
egiziana non stringeva più il bambino tra le sue braccia, ma il suo
silenzioso pianto parlava da sé.
Mi diressi verso il centro di Tripoli,
dove mi era stato assicurato un mezzo per affrontare un viaggio nel
deserto fino in Algeria.
Giunta al punto che mi era stato
indicato, vidi degli uomini con dei cammelli. Mi avvicinai a loro e
chiesi di poter affittare uno degli animali, così che potesse
portarmi per un viaggio lungo 3 settimane circa. L'uomo a capo
dell'organizzazione mi scrutò dalla testa ai piedi e mi rassicurò
dicendo che avrei potuto trovare un buon cammello alle sue spalle,
all'interno del tendone, e mi fece cenno di seguirlo. Disse due
parole all'uomo che stava dietro il telo dal quale eravamo entrati e
quello sorrise, guardandomi in modo divertito. Iniziò a mostrarmi un
esemplare, garantendomi fosse il migliore che avesse. Per concludere
l'affare, però, mi fece capire che avrei dovuto pagare con qualcosa
che non fosse denaro e così cominciò ad accarezzarmi i capelli e le
spalle. Lo pregai di accettare le monete che avevamo prefissato,
lasciandomi andare via, ma lui, compreso il mio assoluto rifiuto, mi
afferrò per le braccia e mi strattonò a terra … dopo che ebbe
finito, uscì dal tendone. Ero stremata e terrorizzata, ma temendo
che l'uomo potesse tornare, cercai di sistemarmi e subito fuggire. Le
tre settimane successive furono sfiancanti, non pensavo fosse così
difficile viaggiare su un cammello, ma soprattutto le notti e i
giorni nel deserto sembravano eterni e l'escursione termica era
fortissima. Quando arrivai a destinazione pensavo fosse uno dei tanti
miraggi... ma ero davvero a Tebessa.
Ebbi solo il tempo di lasciare il
cammello per poi riprendere subito il viaggio. Camminai per un giorno
prima di arrivare ad Algeri, dove sapevo che il mattino seguente
sarebbe salpata una nave diretta sulla costa spagnola.
Raggiunsi il porto e cercai di attendere l'alba così che potessi
nascondermi all'interno dell'imbarcazione, evitando che qualcuno mi
vedesse, ma purtroppo mi addormentai. Quando riaprii gli occhi
mancava poco alla partenza e dovetti affrettarmi facendo attenzione a
non essere vista.
Riuscii a salire sulla nave,
nascondendomi nella stiva, e quella salpò dopo pochi minuti. Il
timore che qualcuno mi scoprisse mi faceva sobbalzare a ogni minimo
rumore. Durante quelle dieci ore scoprii nel peggiore dei modi che non
ero l'unica clandestina a bordo. Un etiope, nascosto tra varie
merci, venne trovato e gettato in mare dai marinai. Le sue urla e le
sue richieste di pietà non riuscirono a salvarlo. A quel punto ero
terrorizzata dal fatto che potessi fare quella stessa fine, ma per
fortuna la nave era quasi giunta al porto di Alacant.
Subito dopo essere scesa dalla nave,
corsi via. Non riuscii però a non guardarmi intorno e a non credere
fossi davvero giunta in Spagna. Dalla mia euforia non mi accorsi che
stavo andando addosso a un signore e lo scontro fu inevitabile.
Gentilmente mi aiutò a rialzarmi da terra, facendomi le più sentite
scuse. Vide che ero abbastanza spaesata e mi chiese dove fossi
diretta. Mi stupì il fatto che lui conoscesse e parlasse la mia
lingua. Sembrava un uomo gentile e cordiale; quindi decisi di fidarmi
di lui e gli dissi dove ero diretta: Girona, una città del nord
della Spagna.
Disse che lui doveva andare a
Barcellona e mi chiese se volessi un passaggio per quel tratto di
strada.
Partimmo dopo aver pranzato. Era da
tanto che non mangiavo così, anzi, era stata la prima volta che
davvero mi ero saziata.
Dopo circa sei, sette ore giungemmo a
Barcellona. Era una città splendida, il cielo si tingeva di viola
mentre il sole tramontava... Ero davvero convinta di essermi fidata
della persona giusta, ma ci rendemmo conto che nessuno dei due
sapesse i rispettivi nomi: il suo era Manuel e per quella notte
mi fece alloggiare in casa sua. Era da molto tempo che non dormivo in
un letto caldo e comodo.
Il mattino dopo dovevo prendere il
treno per Girona, ma non volevo dire addio a Manuel. Nonostante la
mia scarsa volontà di lasciarlo, salii sul treno e ripensai a tutti
i consigli che lui mi aveva dato su come scalare, dato che lui era uno
scalatore professionista.
Arrivai a Girona e con i soldi che mi
aveva dato Manuel riuscii a prendere un pullman che mi portò ai
piedi dei Pirenei. Ora sono qui, su questa montagna, stremata.
Ripenso a Manuel e penso che non lo rivedrò mai più, ma soprattutto
non rivedrò più la luce del giorno di domani.
Daddi Alessia, Fiini Alessia, Rampazzo Silvia, Tenti Anna
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