24 marzo 2014

RACCONTIAMO: IL VIAGGIO DI ZAKIYA

Questo racconto è stato elaborato a partire dal film Welcome. E' stata scelta la sequenza narrativa in cui Bilal, il protagonista del film, tenta di attraversare La Manica a nuoto per l'ultima volta, al fine di raggiungere un obiettivo: l'Inghilterra, luogo in cui si è trasferita la sua ragazza Mina.
Abbiamo scelto questa sequenza perché anche il nostro racconto si basa su un viaggio per raggiungere la libertà della protagonista.

                                              RACCONTIAMO: IL VIAGGIO DI ZAKIYA

Ne è valsa davvero la pena affrontare questo lungo viaggio per una libertà che forse non riuscirò a raggiungere mai?
La notte era fredda e dura. Nessuno ci aveva dato delle coperte e, nonostante l'ammasso di persone, il freddo scorreva nelle nostre ossa. L'unico modo per scaldarci sarebbe stato il contatto fisico, ma non potevo fidarmi di nessuno, se non di me stessa.
Il camion era già in viaggio da una settimana prima che ci salissi, c'erano persone di diverse etnie, soprattutto sudanesi in fuga da un conflitto interno. Ciò che mi colpì, però, fu una donna egiziana che allattava il piccolo che teneva in braccio, cercando di non farlo piangere, per non farsi picchiare dal violento marito che continuava ad urlarle contro. Non riuscivo a capire cosa le stesse dicendo, ma il tono e le lacrime della donna facevano intendere tutto.
Arrivammo a Tripoli dopo due notti che mi sembrarono interminabili. Scendendo dal camion notai che la donna egiziana non stringeva più il bambino tra le sue braccia, ma il suo silenzioso pianto parlava da sé.
Mi diressi verso il centro di Tripoli, dove mi era stato assicurato un mezzo per affrontare un viaggio nel deserto fino in Algeria.
Giunta al punto che mi era stato indicato, vidi degli uomini con dei cammelli. Mi avvicinai a loro e chiesi di poter affittare uno degli animali, così che potesse portarmi per un viaggio lungo 3 settimane circa. L'uomo a capo dell'organizzazione mi scrutò dalla testa ai piedi e mi rassicurò dicendo che avrei potuto trovare un buon cammello alle sue spalle, all'interno del tendone, e mi fece cenno di seguirlo. Disse due parole all'uomo che stava dietro il telo dal quale eravamo entrati e quello sorrise, guardandomi in modo divertito. Iniziò a mostrarmi un esemplare, garantendomi fosse il migliore che avesse. Per concludere l'affare, però, mi fece capire che avrei dovuto pagare con qualcosa che non fosse denaro e così cominciò ad accarezzarmi i capelli e le spalle. Lo pregai di accettare le monete che avevamo prefissato, lasciandomi andare via, ma lui, compreso il mio assoluto rifiuto, mi afferrò per le braccia e mi strattonò a terra … dopo che ebbe finito, uscì dal tendone. Ero stremata e terrorizzata, ma temendo che l'uomo potesse tornare, cercai di sistemarmi e subito fuggire. Le tre settimane successive furono sfiancanti, non pensavo fosse così difficile viaggiare su un cammello, ma soprattutto le notti e i giorni nel deserto sembravano eterni e l'escursione termica era fortissima. Quando arrivai a destinazione pensavo fosse uno dei tanti miraggi... ma ero davvero a Tebessa.
Ebbi solo il tempo di lasciare il cammello per poi riprendere subito il viaggio. Camminai per un giorno prima di arrivare ad Algeri, dove sapevo che il mattino seguente sarebbe salpata una nave diretta sulla costa spagnola. Raggiunsi il porto e cercai di attendere l'alba così che potessi nascondermi all'interno dell'imbarcazione, evitando che qualcuno mi vedesse, ma purtroppo mi addormentai. Quando riaprii gli occhi mancava poco alla partenza e dovetti affrettarmi facendo attenzione a non essere vista.
Riuscii a salire sulla nave, nascondendomi nella stiva, e quella salpò dopo pochi minuti. Il timore che qualcuno mi scoprisse mi faceva sobbalzare a ogni minimo rumore. Durante quelle dieci ore scoprii nel peggiore dei modi che non ero l'unica clandestina a bordo. Un etiope, nascosto tra varie merci, venne trovato e gettato in mare dai marinai. Le sue urla e le sue richieste di pietà non riuscirono a salvarlo. A quel punto ero terrorizzata dal fatto che potessi fare quella stessa fine, ma per fortuna la nave era quasi giunta al porto di Alacant.
Subito dopo essere scesa dalla nave, corsi via. Non riuscii però a non guardarmi intorno e a non credere fossi davvero giunta in Spagna. Dalla mia euforia non mi accorsi che stavo andando addosso a un signore e lo scontro fu inevitabile. Gentilmente mi aiutò a rialzarmi da terra, facendomi le più sentite scuse. Vide che ero abbastanza spaesata e mi chiese dove fossi diretta. Mi stupì il fatto che lui conoscesse e parlasse la mia lingua. Sembrava un uomo gentile e cordiale; quindi decisi di fidarmi di lui e gli dissi dove ero diretta: Girona, una città del nord della Spagna.
Disse che lui doveva andare a Barcellona e mi chiese se volessi un passaggio per quel tratto di strada.
Partimmo dopo aver pranzato. Era da tanto che non mangiavo così, anzi, era stata la prima volta che davvero mi ero saziata.
Dopo circa sei, sette ore giungemmo a Barcellona. Era una città splendida, il cielo si tingeva di viola mentre il sole tramontava... Ero davvero convinta di essermi fidata della persona giusta, ma ci rendemmo conto che nessuno dei due sapesse i rispettivi nomi: il suo era Manuel e per quella notte mi fece alloggiare in casa sua. Era da molto tempo che non dormivo in un letto caldo e comodo.
Il mattino dopo dovevo prendere il treno per Girona, ma non volevo dire addio a Manuel. Nonostante la mia scarsa volontà di lasciarlo, salii sul treno e ripensai a tutti i consigli che lui mi aveva dato su come scalare, dato che lui era uno scalatore professionista.
Arrivai a Girona e con i soldi che mi aveva dato Manuel riuscii a prendere un pullman che mi portò ai piedi dei Pirenei. Ora sono qui, su questa montagna, stremata. Ripenso a Manuel e penso che non lo rivedrò mai più, ma soprattutto non rivedrò più la luce del giorno di domani.

Daddi Alessia, Fiini Alessia, Rampazzo Silvia, Tenti Anna

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