23 novembre 2014

Ecosistema terrestre e paesaggi


Paul Cezanne Paesaggio 1865

Il geo-sistema o ecosistema terrestre.
La Terra è un sistema, ovvero un insieme di più elementi che interagiscono attraverso specifiche relazioni.
I quattro elementi principali del geo-sistema sono :
la geosfera : il globo terrestre di consistenza solida,
l’idrosfera : l’insieme delle acque che ricopre per oltre due terzi la geosfera ;
l’atmosfera : un involucro gassoso che avvolge entrambe ;
la biosfera : l’insieme di tutti gli esseri viventi e degli ambienti che li ospitano. La biosfera è uno spazio di una ventina di chilometri che comprende la parte più superficiale della litosfera (il suolo, le grotte), tutta l’idrosfera e gli starti più bassi dell’atmosfera.

Il termine ecosistema indica un sistema composto da un luogo naturale e dalle piante e gli animali che lo abitano e interagiscono con esso. Il luogo con le sue componenti inanimate (suolo, acqua, aria) è la componente abiotica (non vivente) dell’ecosistema ; gli animali e le piante sono la componente biotica cioè vivente.
L’ecosistema terrestre è come un mosaico composto di innumerevoli ecosistemi minori ; sono ecosistemi uno stagno, un bosco, le praterie i deserti, il mare etc..

L’equilibrio degli ecosistemi.
Tutti gli ecosistemi si mantengono stabili attraverso meccanismi di autoregolazione, detti feedback negativi, che agiscono spontaneamente in presenza di alterazioni dell’equilibrio naturale.
Per esempio in un pascolo la disponibilità di erba e il numero di animali erbivori si autoregolano. In presenza di molta erba aumentano gli erbivori, quando il numero di erbivori diventa eccessivo rispetto alla disponibilità di foraggio il loro numero inizia a diminuire. Il meccanismo di feedback negativi, cioè che non provocano un mutamento dell’ecosistema, funziona solo se le alterazioni dell’equilibrio non sono tali da provocare dei meccanismi che accelerano sempre di più l'alterazione dell’ecosistema, detti feedback positivi. Per esempio un cambiamento climatico può provocare la trasformazione completa di un ecosistema e la scomparsa di alcuni o tutti gli esseri viventi in esso.

Ecosistema terrestre ed energia solare.
L’ecosistema terrestre funziona grazie all’energia del Sole. Il Sole riscalda la terra, l’acqua e l’atmosfera provocando il movimento delle correnti marine e dei venti e il ciclo idrologico, cioè il processo che trasforma l’acqua degli oceani e della terra in vapore acqueo che sale verso l’atmosfera e ritorna alla terra sotto forma di precipitazioni. Una parte dell’energia solare assorbita dalla terra e dall’acqua viene rimessa nello spazio sotto forma di calore, ovvero di radiazione infrarossa. Per questo l’ecosistema terrestre è continuamente attraversato da un flusso di energia.
Questo flusso di energia trasforma e sposta in continuazione la materia sia vivente sia non vivente che si trova nel sistema. A questi processi si dà il nome di cicli geochimici. Fra i principali ricordiamo il processo che trasforma l’ossigeno in anidride carbonica nei processi di respirazione e combustione e quello della fotosintesi operata dalle piante che ritrasforma l’anidride carbonica in ossigeno.

I paesaggi : le montagne, i mari, i fiumi.
Il paesaggio è il luogo naturale nel quale avvengono le interazioni tra gli elementi di un ecosistema.

L’uomo e la montagna
Le montagne in genere hanno sempre costituito un ostacolo alla penetrazione degli uomini, sia per la difficoltà di transito, sia per la crudezza del clima e la ristrettezza dello spazio adatto alle colture.
Le montagne  si oppongono all’incontro dei popoli e alla propagazione delle tecniche.
La difficoltà di accesso può fare della montagna un’area di accantonamento di popoli rifugiati e di tecniche arcaiche, per esempio i cristiani maroniti sui rilievi del Libano sono riusciti a difendersi dal l’espansione islamica.
Storicamente le antiche civiltà sono fiorite in prevalenza nelle pianure dei grandi fiumi : i Sumeri, i Babilonesi in Mesopotamia e gli Egizi nella valle del Nilo, ma sono esistite importanti civiltà d’altopiano : i Persiani in Iran, gli Aztechi in Messico, gli Inca in Perù.
Col crescere dell’altitudine diminuisce la temperatura e aumentano le precipitazioni. Nelle regioni montuose man mano che si procede in altezza si riduce il numero delle piante coltivabili, infatti ogni pianta ha un limite altimetrico al di sopra del quale non è possibile la maturazione, parallelamente diminuisce il numero degli abitanti e si delinea il limite altimetrico dell’insediamento umano. Questi limiti variano a seconda delle zone climatiche, per esempio nelle regioni tropicali il limite altimetrico di alcuni cereali è di 2000-2500 m. e in queste aree le zone elevate sono preferite perché sono più salubri.
Sulle montagne conta molto anche l’esposizione, il versante esposto a sud, a solatio, è più caldo e più coltivato, quello rivolto a nord, a bacìo, è più freddo e ombroso e adatto a boschi e prati. Alle latitudini intertropicali l’esposizione non è importante perché il sole, che passa allo zenit due volte all’anno, si discosta poco dalla verticale.
La trasformazione prodotta dalla rivoluzione industriale del XIX e XX secolo ha portato allo spopolamento delle montagne. Il flusso migratorio si è riversato nelle grandi città delle pianure.

L’uomo e il mare.
Il mare attrae gli uomini. Quasi un terzo della popolazione mondiale vive nelle fasce costiere, fino a 50 km dal mare. L’attrazione del mare è dovuta al clima, alla possibilità di scambi commerciali, alla pesca.
La pesca è il principale sfruttamento del mare. Come la caccia la pesca è una delle più antiche attività dell’uomo, ma mentre la caccia è divenuta in quasi tutto il mondo un hobby, la pesca dà ancora un grande contributo all’alimentazione degli uomini. Per lungo tempo il pesce si è potuto consumare solo nei luoghi vicini a dove veniva pescato perché non si sapeva conservare il pesce, a parte aringhe e merluzzi sotto sale o affumicati. Con l’invenzione dei carri frigoriferi e l’accresciuta velocità dei mezzi di trasporto si è potuto trasportare il pesce molto lontano dai mari e dai fiumi. Il consumo di pesce è aumentato nel mondo anche se in modo molto diverso a seconda dei paesi.
La pesca è uno sfruttamento distruttivo delle risorse. Essa interrompe la catena alimentare della vita marina. Il primo anello di questa catena è il fitoplancton, l’insieme dei microrganismi vegetali che prosperano a miliardi fin dove penetra la luce, al massimo 150m di profondità, nutrendosi di sali minerali e di zuccheri. Il fitoplancton è l’alimento di moltissimi animali che formano un insieme detto zooplancton, che è il cibo dei pesci piccoli che sono l’alimento dei pesci più grossi.
La pesca è praticata nelle aree con condizioni favorevoli all’addensarsi dei pesci. La FAO (Food and agriculture Organization of United Nations) ha individuato 27 principali area di pesca in tutto il mondo, otto aree interne, fiumi e laghi, e diciannove aree marine appartenenti a oceani e mari adiacenti, le aree sono identificate dal loro nome e un codice di due cifre. Il Mar Mediterraneo fa parte della zona FAO 37, divisa in tre sub aree Mediterraneo occidentale 37.1, Mediterraneo centrale 37.2, Mediterraneo orientale 37.3.
Il mare è anche un'enorme riserva di altre sostanze organiche e inorganiche utili all’uomo, per esempio il cloruro di sodio, cioè il sale, che si raccoglie nelle saline, distese sottili di acqua marina che evapora sotto i raggi del sole lasciando depositare il sale. Per estrarre altre sostanze sono necessari procedimenti molto complessi e che richiedono molta energia, per questo si tende ad abbinare gli impianti di estrazione con quelli di dissalazione per ottenere acqua dolce per irrigare i campi in zone aride. Inoltre sono molto interessanti i sedimenti e le rocce dei fondali marini della piattaforma continentale che sono considerati ricchi di risorse minerarie pari a quelle della terraferma.

L’uomo e i fiumi.
Nell’antichità fiorirono numerose civiltà potamiche, sorte lungo i fiumi che permettevano l’irrigazione dei terreni agricoli : gli Egizi sul Nilo, i Sumeri e i Babilonesi tra il Tigri e l’Eufrate, gli Indiani nella valle del Gange, i Cinesi sul Fiume Giallo e sul Fiume Azzurro. Queste civiltà sono state chiamate "civiltà idrauliche" perché la loro organizzazione politica religiosa e sociale dipendeva dalle acque del fiume su cui sorgevano.
Ancora oggi le valli dei fiumi sono i luoghi più favorevoli alla produzione e al popolamento. I fondivalle offrono ottimi suoli coltivabili e spazi idonei allo sviluppo di città e paesi. I fiumi forniscono acqua per l'irrigazione, per la produzione di energia elettrica e sono delle vie di comunicazione facile ed economica. Per questo le valli sono densamente popolate in tutto il mondo, è raro che alla confluenza di due fiumi o presso alla foce non via sia qualche importante città. Per esempio in Europa la valle padana del fiume Po nell’Italia del nord e la valle del Reno appartenente allo stato della Renania Settentrionale Vestfalia in Germania sono tra le zone più densamente abitate e produttive dell’Europa, ma anche nella foresta amazzonica i nuclei di popolamento si trovano solo lungo le rive dei fiumi, che sono le uniche zone abitabili dell’inestricabile groviglio di vegetazione della foresta. Il progresso tecnico permette di sfruttare sempre meglio le acque dei fiumi e di controllare le piene per evitare le inondazioni. Un impegno continuo nel tempo deve essere la difesa contro le piene dei fiumi, dovute soprattutto alle piogge violente e prolungate. La piena dell’Arno che devastò Firenze nel 1966 fu causata da piogge torrenziali che in pochi giorni riversarono su tutto il bacino del fiume più acqua di quella di un intero anno di piogge. Nei nostri giorni si assiste sempre più di frequente alle distruzioni provocate dalla violenza delle acque che straripano dai fiumi in piena. Per difendersi gli uomini costruiscono potenti argini che però spesso non sono sufficienti a contenere la piena del fiume. Per poter essere efficaci gli argini dovrebbero lasciare in mezzo un’ampia fascia di territorio dove il fiume possa espandersi quando straripa, ma raramente gli uomini hanno adottato questa soluzione che comporta una grande perdita di terreni coltivabili. Restringendosi sempre di più lo spazio dei fiumi questi quando straripano distruggono il territorio dell’uomo.

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